Di questo argomento si parla poco. Si sa, nelle realtà scomode nessuno si assume responsabilità e, quando si tratta di tematiche delicate, anche chi è consapevole di essere la parte ”lesa”, sta in silenzio. Esiste una proposta di legge per la messa in regola di questo lavoro. Questo lo sappiamo tutte e sappiamo anche che non basta. E’ davvero necessario discutere così tanto della regolamentazione di un mestiere che, nella nostra Italia, è ormai diffusissimo? La conseguenza inevitabile è che ciò causi lavoro nero. La ”faida” tra estetiste ed onicotecniche va avanti da un decennio e risulta essere, a detta di chi ci governa, il motivo reale per cui una legge scritta che sistemi questo settore risulta essere ancora lontana. La cosa che fa sorridere, è che scrivendo al computer il termine ”onicotecnica” risulta ancora essere inesistente così come lo è secondo il T9 che prova imperterrito a dirti che stai sbagliando a scrivere. Eppure tante colleghe, con questo mestiere, ci portano avanti intere famiglie. Esiste un ente, OPA onicotecnici, che prova incessantemente a raccogliere consensi e firme affinchè questa fetta di artigianato raggiunga la regolamentazione. Ma andiamo al dunque: in cosa consiste la suddetta ”faida”? Le estetiste continuano a contestare che non sarebbe giusto, in un’ottica in cui per poter praticare la professione estetica è necessario un percorso di studi triennale, che un’onicotecnica possa praticare un mestiere ”affine” senza necessariamente ottenere il diploma in questione. La regione Lazio, per esempio, risolve il problema inserendo un corso regionale di 200 ore che consente lo studio e la conseguente ”messa in regola” del settore. Non è un caso, permettetemi, che camminando per le strade di Roma vi sia un centro nails ogni due metri. Se è l’unica regione in cui ciò è consentito, è ovvio che ciò accada. Esiste una cosa sconosciuta al Parlamento che si chiama ”passione per la propria professione” che è caratteristica di ogni lavoro artigianale e non. Pur di praticare, chiunque ne sia appassionato si trasferirebbe nell’unica regione in cui è consentita. Perchè non permettere ciò nella propria regione? Perché sovraffollarne una inutilmente quando almeno la metà delle onicotecniche in lazio proviene da altre regioni? Nel nostro paese le colleghe hanno giustamente cercato delle ”scorciatoie” per poter esercitare. Tra queste, quella di conseguire il diploma di estetica nonostante, alle persone in questione, di estetica generale interessi davvero poco. Si tratta di una tematica così vasta che entrano in campo altri tantissimi settori. Qualche esempio: una scuola di estetica che non propone un corso regionale per onicotecniche avrebbe meno iscritte. Allo stesso modo, se per acquistare prodotti per la ricostruzione unghie via internet fosse necessaria una Partita Iva, troppi marchi e troppi fornitori andrebbero in bancarotta. Si potrebbe spiegare ai piani alti che, regolamentare questo settore, aiuterebbe le onicotecniche che intendono lavorare onestamente a poterlo fare. Aiuterebbe tantissime ”clienti” a non avere danni e traumi permanenti alle unghie a causa di un mestiere che, senza regole, è alla deriva. Eppure, se chi decide avesse cura di fare un giro in una competizione del settore, capirebbe che questo lavoro delle regole le ha eccome.